Direi di dare inizio alle nostre associazioni mentali-emotive, per immagini. A partire dalle immagini iniziali che vi ho proposto nella home page del blog. Commentandole, al nostro primo incontro abbiamo già guadagnato questo punto importante della questione: pur muovendo da noi stessi, nella scoperta dell'identità personale, da subito identità e diversità si direbbero in relazione tra loro. E se tutto ciò, sia dentro che che fuori di me, mi mette in relazione con me stesso e con gli altri, allora non vi può essere discorso sull'identità senza discorso sulla diversità e ciò mi pone in una relazionalità, per cui abitare la nostra identità è già abitare il mondo. Per ogni immagine diciamo la nostra, seguendo liberamente il flusso di altre immagini, emozioni, pensieri. Il nostro compito potrebbe partire da qui.
4 Commenti
Carla Oliva
15/12/2013 06:48:26 am
Come già detto durante il nostro primo incontro, l'immagine che mi ha colpito di più e mi ha fatto riflettere è quella che raffigura il simbolo Yin e Yang. Guardando questa immagine e ripensando ai filosofi studiati in questo anno mi viene subito alla mente un filosofo dell'idealismo tedesco Fichte. Secondo Fichte l'io per porre se stesso deve porre anche il non io e soltanto dopo aver posto e superato il non io può dire di essere. Allo stesso modo in questa immagine notiamo come nella sfera nera compare il bianco, in quella bianca compare il nero. Abitano l'una nell'altra, si alimentano, sono diverse ma si appartengono. Pertanto a mio parere non possiamo parlare di identità senza parlare di diversità ne viceversa.
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Giovanni Rimentano
19/12/2013 08:28:11 am
Il richiamo a Fichte lo comprendo, ma farei qualche precisazione. Sicuramente, il merito di Fichte è innazitutto quello di aver evidenziato come l'identità indica più che una sostanza statica, un processo dinamico di riflessione su se stessi. Cosa succede quando l' Io pone a se stesso la questione dell'Io? Si genera una scissione interna dovuta appunto ad una domanda in cui il nostro io prende a considerarsi soggetto-oggetto di sé stesso e ciò appunto produce una dissociazione interna (io sono e non sono io).
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Serena Marano
15/12/2013 08:48:10 am
L’immagine “Yin e Yang” rappresenta a pieno il mio pensiero sull’identità e diversità. Per quanto riguarda l’identità, più precisamente quella personale, è un insieme di tanti fattori (fisici e psichici) che permette di contraddistinguerci l’uno dall’altro. E’ presente, però, anche un’identità collettiva, ovvero, un qualcosa che ci lega e ci accomuna ad altri; questo può essere associato alla capacità e necessità dell’uomo ad identificarsi in un gruppo. A volte è anche il gruppo stesso a creare l’individuo. Aristotele diceva: ”l’uomo è un animale sociale”, ovvero tende per natura ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società. Per quanto vogliamo essere noi stessi c’è sempre qualcosa dentro di noi che ritroviamo in altri, e viceversa. Quale cosa più di tutte che ci accomuna può essere, se non la diversità? E’ qui che mi lego anche all’altra immagine che afferma che la diversità è l’unica cosa che noi tutti abbiamo in comune. Ma per quanto diversi siamo, siamo comunque unici ed inimitabili.
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Giovanni Rimentano
19/12/2013 08:12:15 am
Mi pare giusto l'aver richiamato l'attenzione sul fatto che l'identità è una nozione complessa che rinvia ad un campo di relazioni sia intrapersonali (ognuno di noi, già in sé, è una complessa popolazione di cellule e strutture sia di ordine fisico che psichico) che interpersonali (ogni identità individuale insiste all'interno di gruppi sociali che a loro volta contribuiscono a strutturare la stessa psiche individuale. In tal senso, ti richiami alla natura politica dell'essere umano, di cui aveva già parlato Aristotele). Anche gli sviluppi della ricerca scientifica più avanzata mostrano, in diversi ambiti, che vanno dalle strutture fisiche più elementari a quelle biologiche più evolute, come nel rapporto semplice-complesso il semplice è collocabile sempre all'interno di un contesto complesso, per cui non è scindibile da esso. Ciò vuol dire che il complesso non è solo il risultato della somma di più fattori elementari di partenza, ma è il frutto di una interelazionalità che genera qualcosa di nuovo. È come se dicessi che nell’acqua, vi è sì qualcosa di più elementare, idrogeno e ossigeno, ma il risultato non né solo idrogeno né solo ossigeno, né una somma; infatti, se proviamo a distinguere l'ossigeno dall'idrogeno, l'acqua non c'è più!
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AutorEProf. Giovanni Battista Rimentano ArchivIO
Novembre 2015
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