F. Remotti, L'ossessione identitaria |
Come primo spunto di riflessione, vorrei partire da questo scritto di F. Remotti, che mi pare interessante in quanto pone la questione dell'identità come problema e mito filosofico (scarica il file qui sotto o leggi direttamente on line usando i pulsanti per ingrandire/rimpicciolire o visualizzazione pagina intera) Foto inviata da Alessia Lenza ([email protected])
6 Commenti
Alessia Lenza
22/11/2013 07:31:58 am
In accordo con quanto scrive F. Remotti ritengo che per identità s'intende qualcosa in continua trasformazione perchè quando mi chiedo chi sono, sono sempre la stessa persona, ma non posso dire di essere la stessa di 10 anni fa perchè con il tempo si cresce e si cambia. Quindi l'identità è solo una finzione, che serve a farci avere delle certezze nella vita. Per quanto ho appena detto ho deciso di pubblicare un'immagine tratta dal "Ritratto di Dorian Gray" in quanto questi era talmente legato alla sua identità che è portato a fare una sorta di patto con il diavolo, secondo il quale egli rimarrà sempre giovane, ma il suo dipinto, che lo ritraeva nel colmo della gioventù, mostrerà i segni della decadenza fisica e della corruzione morale del personaggio.
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Giovanni Rimentano
1/12/2013 11:55:41 am
Certo, il celebre romanzo di O. Wilde offre spunti attinenti al tema. Meriterebbe una rilettura da parte mia (l'ho letto tanto tempo fa), per considerarne più attentamente tutte le implicazioni. Come prima impressione direi tuttavia che ciò offre l'occasione di distinguere tra identità e identificazione. L'identità è un processo continuo di relazione e costruzione del proprio Sé che si apre ad una prospettiva temporale attraverso la quale la vita si inventa, nasce e rinasce continuamente. L'identificazione è invece il tentativo di fissare questo processo fino a generare una maschera mortuaria di se stesso, per cui si finisce per vivere ripetendo il passato, facendo del futuro una replica del passato, saltando il presente. Non stupisce che la falsa giovinezza del ritratto inseguita dal nostro personaggio risulti infine mortale
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Melania Montuori
5/12/2013 03:42:24 am
F. Remotti nel libro del 1996 "Contro la diversità" ritiene che dalla ricerca e dalla costruzione dell'identità non ci si può sottrarre, osserva quindi la sua contrarietà in quanto dal momento in cui questa nostro compito occupa tutta la nostra cultura diviene deleterio perché vuol dire entrare in conflitto con gli altri. In accordo con il pensiero del primo libro, ritengo che discriminare persone/popoli/categorie vuol dire giudicare e quindi condannare e questo impoverisce la nostra umanità e il nostro spirito! È possibile gestire le diversità abitandole. Ogni essere umano è unico, irripetibile e originale pur appartenendo tutti alla stessa umanità; questa è una delle leggi fondamentali della creazione che tra l'altro crea bellezza, armonia e originalità straordinarie (da qui il detto: il mondo è bello perché è vario).
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Giovanni Rimentano
5/12/2013 07:37:50 am
Bene Melania, se ho ben capito il senso del tuo commento, mi pare che tu condivida solo la posizione espressa da Remotti nel primo libro, dove si sostiene che non è opportuno esagerare troppo con i discorsi a sostegno dell'identità, qualora questi finiscano per generare solo conflitti e discriminazioni. Per esprimere il senso della follia identitaria si potrebbe ricorrere ad una delle immagini che ho proposto all'inizio del blog, l'immagine della sfera bianca, a voler intendere un modo totalitario di intendere la purezza identitaria che non ammette altro all'in fuori di sé, e che nasce dal rifiuto della ricchezza di un mondo che è bello proprio perché vario. Si tratterebbe, inoltre, di un rifiuto paradossale, se consideriamo che l'identità stessa della luce bianca comprende in sé la diversità di tutti i colori! Aggiungi poi che non ci può sottrarre dalla ricerca e dalla costruzione dell'identità. A tal proposito, molto interessante mi pare la tua idea che per comprendere il senso di questa ricerca e di questa costruzione occorra saper "abitare l'identità". Trovo molto originale il modo di rimettere insieme la questione del mondo come abitabilità nei termini del rapporto tra identità e diversità. Merita di essere sviluppata ulteriormente questa linea di pensiero. Ma, appunto, cosa significa abitare l'identità? Cosa scopriamo se anziché farne solo oggetto di discorso ci mettiamo ad abitare l'identità?
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Carla Oliva
15/12/2013 09:17:13 am
Mente nel libro "Contro l'identità" F. Remotti prova a spiegarci come in realtà l'identità in se per se non esiste, ciò che esiste sono gli infiniti modi possibili di organizzare il concetto di identità a cui non ci si può sottrarre pur essendo consapevoli che parte integrante di questa identità è proprio la diversità poichè a mio parere ciò che maggiormente accomuna gli esseri umani è l'essere diversi e unici ognuno a proprio modo .. Nel libro "l'Ossessione identitaria" ed in particolare in questo saggio ho compreso che per Remotti l'identità non smette mai di affermarsi è in continua trasformazione e questo mi riporta alla mente il teatro di immagini di cui ci parla Hume secondo cui l'uomo sente di essere ciò che è in base all'esperienza vissuta, mutandosi l'esperienza l'uomo è in confusione non sa più chi realmente è.Concentrandosi troppo sull'identità si creerebbero soltanto frequenti discriminazioni e conflitti. L'identità è abitata e alimentata dalle diversità e viceversa. Ma ciò ancora oggi è un problema, la morale della nostra società dovrebbe essere amare e rispettare indistintamente tutte le creature create da Dio innanzi al quale tutte le diversità causa di discriminazione si annulleranno. Personalmente ritengo che la diversità sia un qualcosa che ci rende unici, originali. Non oso immaginare un mondo dove siamo tutti la stessa cosa.
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Giovanni Rimentano
19/12/2013 08:16:10 am
Mi pare abbastanza in linea con quanto già detto, con quanto chiunque di noi direbbe: unicità, diversità delle persone, rispetto reciproco. Eppure ancora oggi è un problema, sebbene nessuno si sognerebbe di sostenere le ragioni contrarie (tranne pochi). Ma ci sono alcune cose nel tuo commento che osservo. Sei d'accordo con Remotti che "l'identità in sé per sé non esiste, ciò che esiste sono gli infiniti modi possibili di organizzare il concetto di identità", secondo la teoria humiana dell'io come "teatro di immagini"; e poi ti richiami all' "amore per tutte le creature create da Dio innanzi al quale tutte le discriminazioni si annullerebbero". Ma sei sicura che la teoria humiana dell'io e la definizione tomista di anima individuale (di cui parla anche l'autore nel suo saggio) siano conciliabili tra loro? Se sì, dovresti dire in che modo.
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AutorEProf. Giovanni Battista Rimentano ArchivIO
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